A volte basta poco per trovarsi: due tavoli vicini, un po’ di patatine, ma soprattutto il bisogno catartico di confessarsi con “l’estraneo”, colui di cui non temiamo il giudizio. E così è…tra insulti e imprecazioni, i due protagonisti troveranno l’unica exit strategy al suicidio: l’amore! Un sentimento di liberazione che possa far dimenticare il passato di violenza dei due giovani ragazzi.
Liberamente tratto da Danny and the Deep Blue Sea, scritta da John Patrick Shanley, Luna elettrica sceglie come microcosmo la borgata romana e ne racconta con pochi mezzi, ma tanta volontà (diciamolo!), le contraddizioni, le miserie e la voglia di riscatto.
L’allestimento scenico, a dir poco minimal, poteva aiutare ad esaltare la forza drammaturgica dei protagonisti, ma non è andata esattamente così a nostro avviso: un po’ per la difficoltà di rendere interessante un continuo dialogo fra i due che in alcuni casi rasentava il ridicolo (volutamente o meno?), ma anche per la sensazione di essere sempre a metà fra dramma e sit com.
Gli intermezzi musicali, poi, del pur bravo Edoardo Luttazzi, spezzavano la tensione scenica oltre a regalare qualche sorriso al pubblico. Limiti strutturali, quindi, ma che non mettono in dubbio la bravura degli attori. E su questo giro di vite padroneggia la luna (elettrica), icona postmoderna di un romanticismo in declino.
Angelo Passero