Sotto i cieli di Rino…
I Sei Ottavi, il 25 Ottobre, all’Alpheus un nuovo RaccontoLive
I
eri sera non faceva poi così freddo, solo un po’ di umidità, perché aveva piovuto.
Sono arrivata all’Alpheus, Via del Commercio a Roma, che il locale ancora si stava riempiendo di gente.
Ricordo di aver pensato: “Magari non ci sarà tanta gente stasera…”, ma quando sono entrata nella Sala Mississipi ed ho visto tutti i tavoli pieni di ragazzi e ragazze che stavano amabilmente in attesa dell’evento della serata, mi sono dovuta ricredere. E più passava il tempo, più mi rendevo conto che non è la pioggia che può fermare il flusso delle coscienze, che amano davvero la musica e il suo impegno pseudo- politico.
Il gruppo de I Sei Ottavi, tribute band (irpino- romana) del cantautore calabrese e romano di adozione, Rino Gaetano, nasce a Roma nel 2002, fondata da Salvatore e Antonio Capobianco, e da allora porta in giro per le piazze e nei locali delle città italiane la “voce” di Rino. Nel loro repertorio ci sono tutte le canzoni del cantautore e alcuni brani inediti che ricordano il suo stile. La band è composta da: Antonio Capobianco (voce, piano, chitarra), Salvatore Capobianco (voce e chitarra), Stefano Napoli (basso elettrico), Christian Filona (sax e piano), Fabio Testaferrata (batteria) ed Emanuele Felici (chitarra elettrica).
Quando hanno iniziato a cantare la prima cosa che mi ha colpita è stato il trasporto, l’amore, la grinta che traspariva dalla loro voce. Ho cominciato a girarmi intorno nella sala gremita di gente che ballava senza trattenersi e cantava a squarciagola lasciandosi trasportare completamente dalle note della musica, come se sentire fosse poter urlare al mondo intero la propria partecipazione e la propria insoddisfazione. Perché parlo di insoddisfazione? Rino Gaetano è stato sicuramente un grande cantautore, dotato di un’ironia graffiante, socialmente impegnato in una lotta contro i vizi dell’Italia degli anni ’70, che per paradosso molto spesso sono i vizi dell’Italia di oggi. Un po’ come dire che sono passati più di 30 anni, ma che la rabbia di oggi per la malagestione sociale del nostro Paese è un po’ come la rabbia di allora. Chissà cosa ne penserebbe il grande Rino se fosse ancora qui con noi? O cosa canterebbe oggi?
Girando per la sala ho trovato gente di ogni età accomunata dalla stima e dall’affetto per il grande cantautore scomparso tragicamente in un incidente d’auto nel giugno del 1981: una grande festa gioiosa, proprio nel quasi anniversario del suo compleanno (29 Ottobre).
Ad un certo punto ho cominciato a seguire la serie di immagini che scorrevano dal videoproiettore e sono rimasta incantata: il passo verso la Terra dei Ricordi è stato davvero breve… Il mare calabrese con le sue coste pungenti che colano a picco sul mare, foto di repertorio appartenenti al periodo delle contestazioni sociali degli anni 70, ritagli di giornale dell’epoca a testimonianza degli ingarbugli politici di ieri come di oggi, la copertina del 45 giri di Remì, il MonCiccì, Megalomen, il cubo magico, i biscottini che promettevano di insegnare l’inglese mangiando con Snoopy: ragazzi, tutta l’infanzia mi è passata davanti agli occhi (in fondo sono nata proprio in quel periodo: classe ’74!) e mi si è aperta dentro una sorta di dolce malinconia, per quello che succede, per le cose che pur cambiando restano sempre uguali, per quello che accadrà domani.
Ho cominciato a ballare presa dal ritmo travolgente e liberatorio di Nuntereggaepiù, di I tuoi occhi sono pieni di sale, ho continuato con Mio fratello è figlio unico e quando è arrivata la volta di Aida ero veramente cotta a puntino e felice di essere lì, nonostante la stanchezza e la giornata lunga e faticosa. Alla fine della canzone mi sono cominciata a preparare per andar via, in fondo anche oggi la giornata cominciava presto: Cogli la mia rosa d’amor cantavano i fratelli Capobianco. Ho sorriso. C’è sempre una speranza, in fondo…
(E.C.)
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