Quello che (non) c’è
REPORT LIVE di Chiara Macchiarulo
22 marzo 2013 – Afterhours@Tendastrisce
Quando si dice le coincidenze. In questo preciso istante, i miei nuovi vicini stanno ascoltando a tutto volume Quello che non c’è, proprio quando sto iniziando a mettere in parole le impressioni ancora vivide di un concerto, quello dello scorso 22 marzo al Tendastrisce di Roma, in cui gli Afterhours si sono donati al pubblico con un affetto e un trasporto che sembrava avessero dimenticato da un po’.
Insomma, niente di paragonabile a quel “la so, grazie” che Agnelli aveva detto non troppo tempo fa al pubblico di Capannelle durante l’esecuzione di Ballata per la mia piccola iena, in risposta al coro di voci entusiaste che ne ripetevano le liriche. Quello che succede stavolta, invece, è l’esatto opposto: per i ritornelli di Male di miele e Bye bye Bombay chiede esplicitamente “l’aiuto del pubblico”, incitandolo a cantare per lui.
Quello che (non) c’è, dicevo. O meglio, quello che c’è, che esiste, ancora e di nuovo, è un gruppo che sembra davvero aver ritrovato entusiasmo e carica. Merito certamente anche di un disco riuscitissimo come Padania, in cui coesistono alla perfezione esperimenti, melodie, e un’urgenza espressiva che quasi sfida il pubblico.
E se non è vero che gli Afterhours sono Manuel Agnelli, è piuttosto verosimile che l’atteggiamento più sciolto, spontaneo, meno annoiato di Agnelli sul palco abbia contribuito a regalarci uno spettacolo senza dubbio più caldo, emotivo, accogliente. Come se avesse abbracciato la possibilità di parlare a tante persone finalmente come un dono senza più considerarla una maledizione. O semplicemente come se la scoperta di Io so chi sono lo avesse portato a una serenità più profonda e non alla rabbia a tutti i costi.
Non era lui che diceva Sapere sempre dove sei / ti può smarrire?
Forse una nuova maturità artistica, quasi osmotica a quella personale, forse il rinvenimento di quel pensiero superficiale di Voglio una pelle splendida.
Appena salgono sul palco interamente vestiti di bianco, però, non possono non venirmi in mente i Drughi di Arancia meccanica. E il pensiero corre a Costruire per distruggere, non a caso in scaletta. Quelle che seguono sono due ore e mezza in cui è dolcissimo naufragar nel mare di Rapace, di una pregevolissima Bungee Jumping, dell’ipnotica ossessione di Varanasi baby, Elymania, dell’amarezza di Il mio ruolo, della sentita dedica al nuovo papa prima di 1.9.9.6…
È nettissima l’impressione che con questa serie di concerti gli Afterhours vogliano dirci qualcosa di forte, qualcosa che va al di là dell’oramai acquisita sicurezza compositiva e della padronanza del palco. E se molti hanno acclamato come un ritorno alla purezza delle origini il rientro nella lineup del chitarrista Xabier Iriondo, la lettura della scaletta completa sembra avvalorare quest’ipotesi.
Oltre ai numerosi pezzi da Padania, la cui title track non a caso apre la serata, i due album più tributati sono Hai paura del buio? e Quello che non c’è, due dischi tutto sommato differenti ma ugualmente potenti, immediati, di pancia. Quasi snobbato Ballate per piccole iene, disco che ha certamente segnato un punto di svolta nella carriera della band, ma che evidentemente rimanda a un momento espressivo ed emotivo oramai passato.
1. Padania
2. Terra di nessuno
3. Sangue di giuda
4. Spreca una vita
5. Rapace
6. Ci sarà una bella luce
7. Messaggio promozionale No. 1
8. Bungee Jumping
9. 1.9.9.6.
10. Giù nei tuoi occhi
11. Varanasi baby
12. Costruire per distruggere
13. Male di miele
14. Veleno
ENCORE
15. Punto G
16. Io so chi sono
17. Tutti gli uomini del presidente
18. La sinfonia dei topi
19. Il mio ruolo
ENCORE II
20. Elymania
21. La vedova bianca
22. Nostro anche se ci fa male
23. La terra promessa si scioglie di colpo
ENCORE III
24. Bye bye bombay
25. Voglio una pelle splendida
ENCORE IV:
26. Quello che non c’è
Chiara Macchiarulo