Martedì 31 marzo al Tuma’s Book Bar 4 poeti, 4 modi di scrivere poesia, 4 performance differenti. Ognuno dei poeti ospiti per questa serata declamerà i suoi testi alla propria maniera, dandoci uno spaccato del proprio modo di vivere l’arte.
Roberto Cenciarelli
Sono nato a Santiago del Cile, il 30 settembre 1986, di martedì. Ho frequentato il liceo scientifico ed ho capito che non mi piaceva la matematica, così mi sono iscritto alla facoltà di economia, che è piena di matematica. A breve dovrei terminare il mio percorso di studi triennali.
Adoro il cinema, con un occhio particolare ai musical e ai film drammatici. Il cinema mi ha cresciuto, pieno di sogni, immagini e fantasia. Il mio attore preferito è Al Pacino, versione “Scent of a woman”. Sono un avido lettore di fumetti, tranne quelli giapponesi. I fumetti hanno stimolato la mia passione per il disegno che è un hobby che vorrei seguire con più perseveranza. Il mio personaggio preferito è Batman, perché ci vuole coraggio a portare le mutande sulla calzamaglia e perché, da piccoli, passavamo ore interminabili per le strade di Gotham, che poi era anche la mia mansarda. Non sono un avido lettore di libri, li leggo a piccole dosi, li sottolineo, li maltratto, e loro comunque mi aiutano. Se c’è qualcuno che mi ha cambiato la vita o che, comunque, è stato in grado di parlarmi e di dirmi: – Non crederai di essere l’unico pazzo sulla terra, vero?-, questo qualcuno è di certo un uomo che si chiamava Jack Kerouac, il più fantastico alcolizzato naif cattolico-buddhista ed, infine, solo un uomo sincero, che abbia mai avuto modo di conoscere. Se mi chiedessero il libro che mi ha sconvolto l’esistenza, direi “Sulla Strada”, se dovessi dirvi il mio libro preferito direi “Oceano Mare”, “Le chiavi del regno”, o perché no? “Peter Pan”.
Il mio stile? Non credo di avere uno stile, io scrivo e poi le cose vanno da sole. Influenze? Sono influenzato da tutto, purtroppo non ho nessun vaccino valido che mi protegga dal mondo e tutto mi contamina e mi dà nuove prospettive, nuove visioni, nuovi viaggi e poi solo poesie e racconti da scrivere. Qualche volta, potete trovarli su robsc86.blogspot.com, oppure su cittairrisolte.blogspot.com. Altrimenti potete leggere la mia raccolta di poesie, “L’alba del guerriero” , edita presso la casa Ed. Il Filo. Che altro dire?
Certo, io sono Roberto Salvador Cenciarelli.
ANDREA EVANGELISTI
Andrea Evangelisti non è un uomo ma un cyborg, un organismo cibernetico, metà uomo e metalmeccanico.
I sintomi del genio si manifestarono in lui già in tenera età.
A soli 13 anni aveva già appreso i rudimenti della lingua italiana ed era in grado di recitare a memoria “La vispa Teresa”. A 21 parlava correttamente. A 24 ROMA-L’AQUILA.
Verso i trent’anni un eccezionale episodio trasformò la sua esistenza: riuscì a comporre un complicatissimo “puzzle” in soli sei mesi quando sulla scatola c’era scritto “dai 4 ai 5 anni”.
A quel punto prese coscienza di sé ed i suoi neuroni si sentirono come le particelle di sodio nell’acqua Lete. Esplose il suo talento musicale e compose quasi una decina di canzoni in soli quarant’anni, dimostrando che per lui il cervello è senz’altro il secondo organo preferito.
Ama definirsi “Giovane Cantautore”, ma il termine più esatto sarebbe “Ancien Prodige”.
Amante della natura e della vita sana, pratica numerosi sports tra cui la dama e le bocce.
Ha studiato il piano anche se preferisce accompagnarsi nelle sue performance pubbliche con la chitarra, perché, ha dichiarato recentemente: “Il pianoforte pesa troppo”.
www.myspace.com/evangelistiandrea
Fabio Forin
Mi chiamo Fabio Forin e sono uno studente 24enne prossimo alla laurea in Lettere all’università ‘La Sapienza’ di Roma.
La mia aspirazione più grande è quella di diventare giornalista e scrittore. So che si tratta di due sfere che, seppure vicine, sono entrambi totalizzanti (almeno per come vorrei affrontare io il mio lavoro) e intimamente diverse; ma sono convinto che scrivere sia, fra tutti, il modo migliore che ho a disposizione per manifestare me stesso nel mondo e credo di sentire entrambe queste due necessità, quella di raccontare la verità a chi non la conosce e quella di raccontare me stesso e le follie del mondo, forti nella stessa misura.
Credo che ogni scrittore, prima di essere uno scrittore, sia innanzitutto un lettore; figuriamoci se stiamo parlando di un aspirante scrittore. Leggere la letteratura americana è, più o meno da quando ho iniziato a leggere davvero, la strada sulla quale ho scoperto a poco a poco lo scrittore che un giorno vorrei diventare. Truman Capote, Edgar Lee Masters con la sua ‘Antologia di Spoon River’, ma soprattutto la Beat Generation (Charles Bukowski è probabilmente il mio poeta preferito, ho trovato prodigiose le parole di William Burroughs, qualcosa da rimanere scioccati, e mistiche e così intrise di spirito quelle di Allen Ginsberg) hanno rappresentato lo stagno dell’ispirazione in cui ho sguazzato come un bambino nudo in questi ultimi anni.
E poi c’è il rock, ci sono Nick Cave e Patti Smith. Loro fra tutti, con le canzoni, le cose che hanno detto, loro con i loro spiriti, mi hanno educato a una precisa attitudine, svelandomela, rivelandomela, facendomela desiderare fortemente, instillandola dentro di me: quella di gettare la coperta sull’uomo invisibile e fare la mia rivoluzione, quella di concedermi fino in fondo all’arte, ai sogni, alle speranze e – in ultima analisi – a tutto ciò che c’è di più autentico in me.
Non è molto che ho cominciato a scrivere poesie, perché quando mi sono “sporcato” le mani con l’inchiostro per la prima volta, quella volta è stato con la prosa, la narrativa (è un paio di anni, forse tre, che provo a scrivere, molto lentamente, il mio primo romanzo).
Poi sono arrivate anche loro, le poesie: l’hanno fatto in modo strano, senza tener conto del mio parere riguardo ai progetti che avevano in mente per me, senza darmi alcuna voce in capitolo, sono arrivate e basta; e oggi comincio a credere che l’abbiano fatto per scuotermi, venirmi a dire che devo lottare per le cose che mi stanno a cuore e dare inizio alla lotta una volta per tutte.
Ad ogni modo – poesia, prosa o in qualunque altro modo si voglia etichettare quello che fa qualcuno che scrive – c’è una frase che mi ripeto spesso e cerco di mettere in pratica ogni volta che me ne sto di fronte al foglio bianco con l’ambizione di creare qualcosa di nuovo: “Fare arte significa cercare la bellezza nei luoghi inaspettati”. Credo sia questa la spina dorsale di tutte le cose che sono sbucate fuori dal quel foglio bianco finora (e credo lo sarà ancora per un po’).
Beh… Penso di aver detto le cose che andavano dette e mi auguro possano bastare per questa presentazione.